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Riforma della Legge Fallimentare - grandi novità in arrivo

Con il D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, è stato approvato il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” che va a sostituire la norma contenuta nel Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 262, meglio conosciuto come Legge Fallimentare.

La novità è di grande portata per molti aspetti.

In primo luogo la riforma interviene riscrivendo integralmente una norma nata oltre 75 anni fa, in un contesto economico e politico completamente diverso da quello attuale, che ha subito nel corso degli anni modifiche parziali anche pesanti, divenute sempre più frequenti negli ultimi anni.

La riforma parte dall’assunto che sia necessario considerare la crisi e l’insolvenza come evenienze fisiologiche nel ciclo vitale di una impresa, da prevenire ed eventualmente regolare al meglio e che quindi sia necessario adottare anche un diverso approccio lessicale che esprima questa filosofia. Per questo viene definitivamente abbandonata l’espressione “fallimento” e la conseguente aura di negatività e discredito che la contraddistingue, per lasciar spazio al più neutrale termine di “liquidazione giudiziale”.

Inoltre la riforma dà corpo alla convinzione che maggiori livelli di controllo permettano una tempestiva emersione delle situazioni di crisi e quindi, in molti casi, maggiori possibilità di successo negli interventi di turnoround volti a ripristinare corrette condizioni di funzionamento dell’impresa.

Per questo motivo la riforma è intervenuta prevedendo procedure e strumenti di allerta che possano aiutare ad intervenire quando ancora la crisi è reversibile ma anche su alcune norme del Codice Civile che sono volte proprio a porre precisi obblighi a carico di vari soggetti affinché tali strumenti di allerta vengano tempestivamente attivati.

Senza entrare in questa sede (sarà oggetto di un successivo articolo) nell’analisi degli strumenti di allerta e di risoluzione della crisi (quindi dopo che la crisi si è manifestata) ci vogliamo soffermare su quali sono le novità introdotte in relazione agli strumenti di prevenzione, strumenti che sono già in vigore in quanto inseriti all’interno del Codice Civile, mentre quelli legati alla soluzione della crisi entreranno in vigore, insieme alla riforma nel suo insieme, dal 15 agosto 2020.

Una prima modifica sostanziale riguarda l’art. 2086 C.C., nel quale è stato inserito il nuovo secondo comma, che prevede: “L’imprenditore ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa”.

Quindi l’imprenditore ha sempre il dovere di dotarsi di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati in quanto tali strumenti sono considerati necessari a garantire una corretta ed equilibrata gestione dell’impresa rivelandosi utili anche nella prevenzione della crisi, permettendo la massima tempestività nel cogliere i primi segnali di difficoltà ed aiutando ad intervenire per rimuoverne le cause.

Questo obbligo imposto all’imprenditore (e quindi agli amministratori in caso di società di capitali) non può essere visto come un impegno generico, una sorta di dichiarazione di principi; tutt’altro, la sua inosservanza (come previsto dall’art. 2476 C.C.) può far ricadere sugli amministratori il rischio di azioni di responsabilità da parte dei soci, dei creditori sociali e perfino del singolo socio o del singolo creditore che sia stato danneggiato da atti colposi o dolosi degli amministratori.

Ovviamente l’inosservanza di tale obbligo diverrà ancora più grave in caso di crisi e quindi di fallimento/liquidazione giudiziale nella quale l’azione di responsabilità spetterà al Curatore. Ed infatti l’art 3 del codice della crisi d’impresa (“Doveri del debitore”) rimanda al codice civile stabilendo che l’imprenditore “deve adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’art. 2086 C.C…..” .