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Margine di Contribuzione: uno strumento per il percorso decisionale

L'analisi del margine di contribuzione a supporto delle decisioni del management

Il margine di contribuzione può essere definito come la differenza tra il costo del prodotto venduto e il prezzo di vendita realizzato. Costo del prodotto che ha un carattere in questo caso molto generico in quanto dipendente dalla configurazione di costo creata in azienda e quindi specifica.

In questa analisi definiremo il margine di contribuzione come surplus del prezzo di vendita sul costo variabile risolvendo quindi alla fonte tutti i problemi derivanti dalla attribuzione di costi "non variabili", industriali o generali, al prodotto con metodologie più o meno condivisibili ma che dovrebbero essere contestualizzate nell'organizzazione specifica analizzata.

Alla luce quindi di questa definizione, l'analisi del margine, oltre a supportare il processo decisionale e quindi la correttezza di scelte di politica industriale e commerciale, crea un'interfaccia tra le grandezze economiche attive (volume di vendite), i costi e il profitto aziendale e risulta essere strumento di analisi di Break even Point(BEP)

Marginal income e break-even analysis

Premessa la nozione di margine di contribuzione,analizzeremo i legami tra questo ed il raggiungimento di equilibrio economico, restringendo per il momento l’esame al caso di un’impresa mono-produttrice.

Il volume del fatturato (R) è esprimibile come prodotto tra il prezzo di vendita e le quantità di prodotto commercializzate; tale grandezza deve essere depurata dai costi totali sostenuti (Ct), determinati dalla somma dei costi variabili (Cv) e di struttura (Cf); estrapolando il livello dei costi variabili e confrontandolo con la cifra d’affari, è possibile verificare la capacità del fatturato di assicurare un margine di copertura dei costi fissi e la produzione di un surplus che remuneri il capitale investito dall'imprenditore sia in termini di ROE sia in termini di ROI (capitale investito)

In dettaglio è possibile esprimere il margine di contribuzione in termini di differenza sul costo variabile unitario – estrapolandolo dal confronto tra la vendita di un’unità di prodotto

Lo schema evidenzia la relazione tra il livello di fatturato, l'ammontare dei costi ed il margine risultante.

ESEMPI:

Proponiamo ora alcune esemplificazioni dei processi descritti nella rilevazione del break-even-point e nel contributo a livello di redditività dei vari prodotti all’interno di una gamma.

A) Marginal income: le due configurazioni proposte

Un’impresa vende il proprio prodotto a 10 euro il pezzo con un costo variabile unitario di euro 4; vediamo come sia possibile determinare il margine di contribuzione relativo.

a-           Applicando il concetto di margine per unità di prodotto avremo:

               margine (M) = prezzo di vendita (P) – costo variabile (CV) = 10 – 4 = 6

b-           Se invece vogliamo capire il margine per euro di ricavo m sarà:

               m = 1 – incidenza dei costi variabili(N) = 1 –  Cv =  1 –  4  =   1 –  0,4  =  0,6

                                                                                                  R             10

E’ evidente quindi che M indica che per ogni unità prodotta il margine è di euro 6 mentre m mostra che per ogni euro di vendita, rimangono 0,6 per i costi fissi e l’eventuale profitto.

B) Un’impresa multi produttrice

Supponiamo che l’impresa Alfa spa presenti la matrice prodotti/margine economico di tabella sotto con costi fissi pari a 5.000 euro.

Utilizzando i dati esposti, possiamo, per esempio, evidenziare i modelli di calcolo del profitto globale

Calcolo del profitto globale

Applichiamo la formula e avremo:

Utile = M – Cf = (M₁ + M₂ + M₃) – Cf = (5.000 + 450 + 400) – 5.000 = 850

 

C) Eliminazione di un prodotto dalla gamma

Affronteremo ora uno dei problemi classici di impiego del margine di contribuzione; supponiamo che l’impresa Beta srl presenti la configurazione prodotto/costo/ricavi come da tabella:

La semplice lettura della matrice proposta  sembrerebbe indicare l’esigenza di eliminazione del prodotto A, che genera una perdita pari a 10; si può affermare, in questo caso, che il management opererebbe per l'eliminazione dalla gamma del prodotto in questione.

Tuttavia laddove il prodotto fosse eliminato dal portafoglio si configurerebbe la situazione:

Questo in quanto i costi fissi, data la riduzione del fatturato, dovrebbero comunque essere sostenuti.

L’applicazione della filosofia della redditività netta porterebbe a una perdita pari a 35; laddove si operasse una scelta in base alla logica del margine contributivo, invece, è chiaro che tale margine sarebbe comunque positivo per il prodotto A e contribuirebbe alla copertura dei costi fissi per tutta la gamma prodotti; l’eliminazione del prodotto dalla linea impedirebbe alla struttura produttiva  di assicurare un certo grado di assorbimento di costi, che graverebbero esclusivamente sui prodotti residui.

D) Aumento del prezzo di un prodotto

Torniamo al caso B e supponiamo di aumentare il prezzo del prodotto A da 100 a 150 e che il costo fisso di competenza sia pari a 4.000.

Tale aumento di prezzo potrebbe comportare una riduzione del fatturato relativo, in presenza di un’elevata elasticità della domanda.

Se utilizziamo il margine come strumento selettivo, dobbiamo verificare che il nuovo margine si presenti più elevato rispetto a quello storico.

Utilizzando i dati sopra esposti avremo:

M(vecchio) = mQ = 50 x 100 = 5.000

Supponiamo che il calo previsto delle vendite sia stimato intorno alle 60 unità; il nuovo margine potrbbe essere allora:

M(nuovo) = mQ = 100 x 60 = 6.000

Il confronto è positivo e quindi l’aumento del prezzo potrebbe assicurare un ottimo risultato in termini di manovra di marketing.

Se avessimo applicato il criterio del trend atteso dalla redditività, il risultato sarebbe stato il seguente:

U(vecchio) = R – Cv – Cf = 10.000 – 5.000 – 4.000 = 1.000

U(nuovo) = R – Cv – Cf = 9.000 – 5.000 – 4.000 = 0

Come si evince il risultato netto sarebbe stato addirittura nullo, ma ciò appare palesemente assurdo, in quanto l’aumento del prezzo – a fronte di un dato margine sulle unità vendute – permette di coprire, anche più agevolmente, il carico della struttura produttiva, data la riduzione non preoccupante del fatturato.

Maurizio Cemasco